Greenwashing, pinkwashing e rainbow washing: cosa sono e come evitarli.

26 Luglio 2022

Di Grazia Di Sisto, marketing manager

Le ricerche ci dimostrano che lo scopo di un brand oggi è tanto importante quanto la sua qualità. L’onestà e la trasparenza riguardo all’impatto di un brand sulla società o sull’ambiente sono dei fattori di valutazione nell’acquisto. E quindi vi domandiamo: le attività di responsabilità sociale delle aziende sono sempre reali o fatte bene?

Ci sono almeno tre errori nei quali si può ricadere, nel tentativo di utilizzare una causa sociale per gli scopi del brand: il greenwashing, il pink washing e il rainbow washing.

Cosa significano questi termini? Come si informano le persone su queste tematiche? Da dove iniziare? Come evitare di ricadere nel greenwashing, nel pinkwashing o nel rainbow washing? Cosa dobbiamo ricordarci sempre? Quali sono i nostri consigli?

Cosa significano questi termini?

Greenwashing, pinkwashing e rainbow washing sono termini derivanti dal verbo inglese “to whitewash” (“imbiancare“). Indicano letteralmente l’atto di “coprire, nascondere, occultare la verità per proteggere o migliorare la reputazione di enti, aziende, prodotti“ (da treccani.it).

In italiano si può tradurre con “darsi una patina di credibilità”, in riferimento ad argomenti quali la sostenibilità ambientale, la parità di genere e i diritti della comunità LGBTQIA+.

Andiamo a scoprire il significato specifico di queste parole:

Il greenwashing significa letteralmente “lavarsi nel verde”, è quel comportamento messo in atto dalle aziende che cercano di far credere al pubblico che si stia facendo molto di più per proteggere l’ambiente rispetto alla realtà.

Questo può accadere, ad esempio, quando si sorvola sugli aspetti di produzione spostando l’attenzione nelle pubblicità su qualche dote di un prodotto. O anche quando vengono enfatizzati numeri e percentuali o nel rispetto dell’ambiente, senza cambiare concretamente il modo di operare inquinante.

Un esempio? Tutte le volte in cui sentiamo “questa bottiglia è fatta di plastica 100% riciclabile, rispettiamo l’ambiente” ignorando che il processo di riciclo della plastica produce C02, probabilmente l’azienda sta spostando la nostra attenzione in modo ingannevole.

Ce lo ripetono da sempre: “L’ambiente e tutte le belle parole fanno vendere”, ma è davvero così oggi? Le persone sono sempre più consapevoli, si informano bene prima di fare acquisti e si fanno ingannare sempre di meno dal greenwashing.

Questo  importante anche per il B2B, poiché molti stati, come la Svezia, si stanno ponendo l’obiettivo di azzerare le emissioni di CO2 entro il 2045. Lo faranno calcolando non solo le emissioni generate sul proprio territorio, ma anche quelle rilasciate in altri Paesi, come i prodotti o servizi importati in Svezia e lì consumati. Per vendere e esportare all’estero, quindi, diventerà sempre più necessario fare una valutazione delle proprie scelte e azioni aziendali.

Il pinkwashing, invece, è una pratica di marketing con la quale si dichiara di sposare una causa femminista per promuovere di un prodotto o un servizio. L’obiettivo in questo caso è solo quello di attirare l’interesse del pubblico più attento alla giustizia sociale per aumentare le vendite, senza fare azioni concrete per reali per questa causa.

Il termine “pinkwashing” nasce da Barbara Brenner, membro di Breast Cancer Association (associazione che promuove la lotta al cancro al seno) come forma di denuncia per le campagne delle aziende (in primis di cosmetica) che strumentalizzavano la causa per attrarre nuovi acquirenti, distogliendo l’attenzione dalla scarsa qualità degli ingredienti.

Non si allontana troppo dal greenwashing: è una tecnica di comunicazione finalizzata alla costruzione di un’immagine ingannevolmente positiva, strumentalizzando una causa sociale come la lotta per le pari opportunità.

Un esempio può essere un brand di abbigliamento che produce magliette con frasi femministe di figure iconiche (come Frida Khalo), ma mantenendo un notevole livello di gender gap all’interno dell’azienda.

Inoltre sono innumerevoli le aziende che hanno visto un crollo totale della propria immagine dopo aver fatto dichiarazioni sessiste pubblicamente.

Il rainbow washing riguarda invece la lotta per i diritti delle persone LGBQIA+. Si verifica soprattutto nel mese di giugno (quando si celebra l’orgoglio LGBTQIA+ in memoria dei moti di Stonewall del 1969), quando le aziende si tingono dei colori dell’arcobaleno fingendo di sostenere o supportare la causa per attrarre nuovo pubblico, ma senza fare azioni concrete.

Le persone sono sempre più consapevoli di questo fenomeno, tant’è che esistono ormai spazi online e molti profili social di attiviste dove è possibile informarsi sulle aziende che fanno rainbow washing.

Un esempio può essere un’azienda di scarpe che ripropone lo stesso identico modello nel mese di giugno con dei dettagli arcobaleno, senza però fare azioni concrete come donare il ricavato ad un’associazione o assumere persone LGBQIA+.

Per far fronte a questo fenomeno molte associazioni hanno deciso di rifiutare i finanziamenti per le loro cause, come il Pride di Padova 2022 che ha deliberatamente dichiarato nel manifesto: “Questo Pride è di tuttə, non ha sponsor, non ha marchi, non ha aziende che lo colonizzano, non si piega al rainbow-washing, la nostra comunità non può essere ridotta a target di mercato.”

Come si informano le persone su queste tematiche?

Sul web in generale, da persone esperte del settore e sui canali social. Sono gli stessi spazi che utilizzano le aziende, dove quindi non si può più scampare al controllo vigile e attendo del pubblico informato.

C’è stato un momento in cui dire qualcosa sull’ambiente o sui diritti umani era fondamentale, dire qualsiasi cosa sembrava quasi meglio di non dire nulla.

Oggi non è più così.

Ora, prima di comunicare qualsiasi posizione, è fondamentale poter sostenere le proprie parole con delle azioni concrete e, quando necessario, supportare il tutto con analisi, dati e numeri specifici, per rispondere ad un pubblico sempre più informato e sensibile.

Esistono addirittura dei siti web e degli strumenti online che ti permettono di tracciare e identificare i brand e le aziende sicure e certificate, per fare acquisti consapevoli.

Prendere una posizione è importante, ma dobbiamo farlo nel modo giusto, senza dimenticare che nel 2015 le Nazioni Unite hanno firmato una serie di obiettivi globali per porre fine alla povertà e la disuguaglianza entro il 2030. Quel giorno 193 stati si sono impegnati a raggiungere i Sustainable Development Goals, senza lasciare nessuno indietro. Si parla di tematiche ambientali, ma soprattutto sociali, perché non c’è futuro per il Pianeta senza equità tra tutti gli esseri umani.

Così anche le aziende, in quanto parte della società e del mondo, sono chiamate a rispondere a questi obiettivi.

Da dove iniziare? Come evitare di ricadere nel greenwashing, nel pinkwashing o nel rainbow washing?

È molto semplice: scegli di comunicare solo quello in cui credi realmente, non seguire le tematiche che vedi in Google Trends o sui social network con il solo obiettivo di inserirti nella conversazione.

Questo non è né etico né funzionale, perché il pubblico è diventato troppo consapevole per provare a comunicare qualcosa in cui non crediamo davvero.

Rivolgiti a delle persone esperte in questo settore, che sappiano consigliarti e aiutarti a comunicare correttamente queste tematiche.

Cosa dobbiamo ricordarci sempre?

  1. Le battaglie per i diritti civili e per l’ambiente non sono trend.
  2. Scegliamo di comunicare cose che riguardano le tematiche sociali e ambientali solo ed unicamente se ci crediamo davvero.
  3. Prima di fare qualsiasi cosa chiedersi sempre: “che contributo sto dando concretamente a questa causa?”.

Quali sono i nostri consigli?

  1. Resta in ascolto dei bisogni del tuo pubblico;
  2. Allinea gli obiettivi di business a quelli etici;
  3. Rivedi i valori aziendali sulla base di queste nuove informazioni e lavora sulla Responsabilità Sociale d’Impresa;
  4. Utilizza i canali digitali per esplicitare lo scopo del tuo brand, ma con una strategia di comunicazione accurata.

Hai l’opportunità di comunicare lo scopo della tua azienda nel marketing, ma ricorda di farlo sempre in modo onesto e etico.

Non è più il tempo della superficialità.

Possiamo aiutarti a comunicare i valori della tua azienda in modo etico, abbandonando l’opportunismo per fare spazio alle azioni concrete, nel rispetto del pianeta e delle persone.

Contattaci se hai domande, dubbi o curiosità.

    Fonti: https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/occultare/3/

    https://www.savetheplanet.green/il-pianeta-si-salva-solo-se-nessuno-rimane-indietro

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